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Saggi-Michel de Montaigne (2 vol.) 1970

Saggi

Michel de Montaigne

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Saggi

Michel de Montaigne (2 vol.)

Capolavoro di M. sono i Saggi (Essais), opera rielaborata e arricchita instancabilmente sino alla morte. I primi due libri apparvero a Bordeaux nel 1580; del 1588 è l’edizione parigina in 3 libri; l’edizione postuma e definitiva (con le numerosissime aggiunte, di carattere sempre più autobiografico) fu pubblicata a Parigi nel 1595 a cura di una fedele ammiratrice, Mlle de Cournay. Uno studioso di M., Villey, ha dimostrato che i Saggi prendono lo spunto da quelle sillogi di aneddoti, citazioni, sentenze, accompagnate da annotazioni e riflessioni, che tarda antichità e medioevo avevano prodotto in gran copia. Ma l’umile progetto presto si dilatò e si alterò: ai passi scelti degli autori antichi M. mescolava episodi della propria vita e del proprio tempo, mentre le considerazioni personali straripavano, giungendo a costituire il corpo stesso di un testo in perpetuo divenire.
Seguire scrivendo «il procedere degli umori» e «l’andatura così vagabonda del nostro spirito» è l’essenza del metodo che via via M. affinò, elaborando in forme sempre più sottili, varie e sfumate il suo discorso interiore. M. racconta, in uno stile la cui dotta familiarità non è priva di scuciture e di arditezze, sé stesso, la sua vita contingente, ricca soltanto di dubbi, di «diversi e mutevoli accidenti», di «immaginazioni irresolute»; e, tuttavia, sa di mettere in discussione, attraverso la sua impresa, «l’intera filosofia morale», perché «ogni uomo porta l’intera forma dell’umana condizione». Il suo relativismo morale trova sbocco solo nel mito della libertà interiore del saggio e ignora i problemi sociali e politici; tuttavia contribuisce a liberare il pensiero filosofico e scientifico del suo tempo dalle pastoie dell’autorità e della tradizione. Con il suo spirito antisistematico e le sue oscillazioni fra tentazioni stoiche, inclinazioni epicuree e appassionato scetticismo, M. è inoltre all’origine di una dimensione caratteristica dell’umanesimo occidentale ed è, per questa via, il capostipite di una vasta famiglia di spiriti; contribuì, fra l’altro, alla nascita dell’honnête homme, modello ideale del secolo successivo, sincero, equilibrato, padrone di sé e in pace con la propria coscienza. Ciononostante, i Saggi mettono in crisi, appunto, le certezze libresche e umanistiche, e propongono una nuova antropologia, un nuovo inventario, obiettivo e alieno da ogni mito, degli attributi e dei caratteri dell’uomo.

 

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Saggi colpiscono per la varietà e per i contrasti che li animano. I più brevi (specialmente nel libro I) sono poco più che note di lettura, ma altri sono dei veri e propri saggi filosofici d’ispirazione stoica (“Filosofare è apprendere a morire”, I, 20) o scettica (“Apologia di Raymond Sebond”, II, 12), via via più pieni di confessioni personali (“Della vanità”, III, 9; “Dell’esperienza”, III, 13). A volte titoli ingannevoli mascherano i capitoli più audaci: “Usanza dell’isola di Ceo” (II, 3) discute della legittimità del suicidio; “Della rassomiglianza dei figli ai padri” (II, 37) critica i medici; “Su dei versi di Virgilio” (III, 5) nasconde le confessioni di Montaigne sulla sua esperienza dell’amore e della sessualità; “Delle carrozze” (III, 6) denuncia la barbarie dei conquistatori del Nuovo Mondo. Non meno diverse sono le fonti che Montaigne fa dialogare, da Plutarco e Seneca, suoi autori prediletti, a innumerevoli storici e poeti, con centinaia di citazioni, in prosa e in versi, in francese e in latino.